PUGNOZEN: LA MENTE VIENE PRIMA DEL PUGNO - ACCADEMIA ARTI ORIENTALI ASD
Articolo di: Shihan Leonardo Mazzeo
Pubblicato sulla rivista: Samurai 22 Marzo 2002
Nel ponte di Pasqua del 14, 15 e 16 aprile 2001, il maestro Toshio Tamano, ospite della scuola Shorei Kan Bergamo, ha tenuto uno stage sul karate goju ryu shorei kan e sul kobudo shorei kai.
Il maestro Toshio Tamano, allievo di Seikichi Toguchi, uno fra i più grandi maestri nella storia del Karate, e continuatore del sistema shorei kan, ha trattato diversi argomenti per migliorare le tecniche del goju ryu shorei kan e del kobudo shorei kai.
Il maestro ha accennato alla sincronia del movimento nelle tecniche di pugno, cosa che richiede necessariamente un perfetto equilibrio.
Vorrei approfondire l'argomento, poiché l'equilibrio è uno dei principi fondamentali nella pratica del karate goju ryu shorei kan e kobudo shorei kai, da applicarsi non solo nelle tecniche di pugno, ma anche nelle tecniche di calcio, nelle parate e nell'uso degli attrezzi del kobudo (bo, tonfa, sai, nunchaku, eccetera).
Così l'equilibrio è il fondamento di ogni attività sia nell'arte marziale come nella vita.
Riguardo all'equilibrio nelle tecniche di pugno vorrei evidenziarne la sua applicazione nelle seguenti fasi.
1. Il braccio che viene richiamato deve essere in perfetta sincronia con il braccio che colpisce.Foto 1
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Foto 1. Le braccia non sono in perfetta sincronia di movimento.
Foto 2. Scorretta angolazione del gomito che ritorna.
Foto 3. Le spalle non sono nel loro giusto assetto.
Foto 4. Le anche non sono ruotate nel modo corretto.
Foto 5. Sanchin kata per lo sviluppo del tanden.
1) In un principio della fisica si dice che ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria: se le braccia non sono in perfetta sincronia di movimento, di azione e reazione, non ci può essere un perfetto equilibrio nella tecnica di pugno, a scapito della velocità e della potenza della tecnica stessa. Da qui il duro e ripetitivo allenamento fisico per arrivare a questa perfetta sincronia di movimento, che comunque richiede anni di pratica. Ciò che all'occhio di un profano può risultare noioso e faticoso, è di estrema importanza agli occhi dei maestri: solo attraverso un allenamento costante e ripetitivo il corpo può capire la tecnica e farla sua.
2) Anche la corretta angolazione del gomito che ritorna, concorre all'equilibrio della tecnica di pugno: un gomito che nella sua angolazione spinge verso l'alto, fa automaticamente alzare le spalle e cambiare la traiettoria del pugno, rendendola meno veloce, meno potente e meno efficace.
Vi sono quindi due fattori da tenere presente nella pratica: primo la sincronia del movimento, secondo l'angolazione del gomito. Già tenendo presenti tali fattori, potete ben immaginare quanto tempo e presenza mentale siano necessari nella pratica di questa tecnica.
3) Come abbiamo appena spiegato nel punto sopra descritto, se le spalle non sono nel loro assetto corretto, non permettono la stabilità e l'equilibrio richiesti dalla tecnica. Una tecnica instabile non dà equilibrio al movimento, al contrario riduce la propria efficacia; inoltre è compromessa anche la sicurezza del braccio, che nell'esecuzione sopporta forti ripercussioni sulla sua parte scheletrica e muscolare.
4) Noi tutti sappiamo che per un buon equilibrio occorre una buona base di appoggio. Nell'essere umano la base di appoggio sono i piedi: se essi non svolgono una giusta presa e distribuzione sul terreno, determinano una posizione debole nel resto del corpo, a scapito dell'equilibrio, della velocità e della potenza stessa della tecnica. Proseguendo verso l'alto arriviamo a livello delle anche, se ruotate in modo scorretto, influiscono sulla stabilità della posizione, che diventa debole e squilibrata. Piedi e anche sono dei fattori determinanti per la fluidità e l'efficacia delle tecniche di pugno e delle parate. Dai piedi alle anche il corpo deve essere forte e stabile, mentre la parte superiore deve essere morbida, per evitare di eseguire tecniche in uno stato di contrazione. Basti osservare la natura: un albero ha radici molto forti e man mano che si sale, dal tronco fino alle estremità, ci si accorge che esso diventa sempre più flessibile, per resistere al vento e alle intemperie.
5) Si dice che il tan den, situato circa tre dita sotto l'ombelico e al centro del piano sagittale del corpo, sia il centro dell'energia vitale. Già solo da questo si può immaginare la sua grande importanza e il ruolo che esso svolge per attivare tutta l'energia necessaria alla pratica delle arti marziali. Dal momento che si afferma che l'ombelico è il seme della vita, la radice del corpo umano, risulta che è in questo punto che si deve coltivare e sviluppare l'energia.
Tutti i movimenti della scuola shorei kan, dalla ginnastica Daruma taiso al karate e al kobudo shorei kai, devono essere eseguiti secondo il principio della concentrazione sul tan den. La nostra concentrazione non deve spostarsi da questo punto, la mente non deve abbandonare il tan den. Concentrarsi sul tan den vuol dire far in modo che l'energia che si trova in questo punto specifico possa crescere sempre di più, fino a penetrare a poco a poco in tutto il corpo. Nella pratica delle arti marziali saremo così in grado di dirigerla dove vogliamo, per esempio nelle tecniche specifiche.
Il kata sanchin che, nella pratica dello shorei kan karate serve allo studio della respirazione e dello sviluppo del tan den, è un vero gioiello per tutti i praticanti di arti marziali. La pratica corretta di sanchin richiede un'intera vita, e forse non basta ancora.
Questo kata è l'essenza della scuola shorei kan e dobbiamo ringraziare i maestri che ci hanno tramandato fino ad oggi una forma unica nel suo genere. Il kata sanchin è uno studio che rappresenta la parte interna dell'arte marziale, la cui importanza sta nel sostenere che una tecnica, senza l'uso corretto della respirazione e del tan den, si riduce solo a un movimento esterno, vuoto e limitato a se stesso. Una respirazione errata nelle tecniche di pugno e nelle parate va anche a discapito del coordinamento, della velocità e dell'equilibrio della tecnica. Attraverso la pratica del kata sanchin si coltivano questi aspetti della tecnica fino ad arrivare a sentire l'energia che scorre dentro di noi.
Il passo successivo è rappresentato dalla regolazione dell'energia in ogni punto del nostro corpo: attraverso la pratica del Daruma taiso e del kata sanchin si ottiene proprio questo. E il risultato è che ci si sente poi bene e in equilibrio con se stessi.
Potete ora comprendere che se durante l'allenamento non si hanno buona concentrazione e presenza mentale, non si può praticare nel modo corretto e non si può progredire.
Dopo aver analizzato i vari fattori che concorrono all'attuazione di una tecnica, per poterli assimilare bisogna allenarli, allenarli, e allenarli, finché il corpo non li fa suoi.
Ci vuole equilibrio interiore per studiare in questo modo lo shorei kan goju ryu karate e capire così le parole del maestro Toshio Tamano quando dice: “Lo studio del karate shorei kan è molto profondo”.
Nella meditazione si cerca di calmare la mente, vale a dire ottenere quiete senza pensiero, una situazione già molto difficile, tanto che i maestri affermano che chi controlla la propria mente diventa un re, padrone di se stesso, mentre, al contrario, se la mente ci governa è lei che diventa nostra padrona.
Ora si può capire che facendo combaciare tutti i fattori sopra descritti si va oltre una semplice meditazione, perché il lavoro da fare su se stessi non è solo mentale, ma anche fisico, arrivando così a una perfetta unione tra corpo e mente. E quando la mente ha compreso una tecnica, ancora non basta, perché attraverso i corretti principi sopra descritti, anche il corpo deve ottenere una sorta di “comprensione", fino ad arrivare a un livello in cui la mente non interviene più consciamente, ma il corpo si muove autonomamente.
Dopo molti anni capisco perché, quando qualcuno di noi poneva delle domande al maestro, lui rispondeva solo di allenarsi: in effetti continuando ad allenarci le risposte arrivavano automaticamente.
Si potrebbe parlare a lungo di ciò che è l'equilibrio, e capire che lo studio e la pratica dello shorei kan richiedono un'intera vita, che potrebbe pure non bastare per arrivare alla perfezione tecnica. Quello che infatti potrebbe essere allo sguardo esterno un semplice pugno, una parata o una posizione, deve portare in realtà tutti i fattori sopra descritti. Altro aspetto fondamentale è l'equilibrio interiore, che la pratica dello shorei kan porta agli allievi che man mano progrediscono nello studio del karate e del kobudo del maestro Toshio Tamano. L'equilibrio psicologico è uno dei fattori più importanti di tutte le arti marziali, senza il quale non si può essere buoni insegnanti o praticanti. Non solo con la meditazione, ma anche con la pratica di un'arte marziale come il karate shorei kan, in cui si dice che il karate è un mezzo per arrivare all'illuminazione, si riesce ad avere, nelle situazioni che la vita ci presenta, il giusto atteggiamento e chiarezza mentale, per vedere le cose nel modo giusto e risolverle.
E' in questo senso che una delle prime regole del dojo dice: noi che facciamo karate dobbiamo prima di tutto “coltivare uno spirito pacifico”. Per fare nostra questa semplice frase, che racchiude valori molto profondi, bisogna allenarsi a metterla in pratica, per esempio provando a mantenere uno spirito pacifico in una situazione conflittuale, quando dentro di noi sopraggiunge la rabbia; oppure provando a mantenere uno spirito pacifico nella stessa pratica del karate quando siamo di fronte a un compagno che ci vuole dominare, e così via.
Molti confondono uno spirito pacifico con un atteggiamento di sottomissione, ma in realtà non è così: significa che una mente quieta e pacifica può risolvere meglio una situazione difficile, sia in un confronto fisico che in qualsiasi prova della nostra vita quotidiana, fino a realizzare la massima “vincere senza combattere”. A questo proposito ricordo un episodio che il maestro Tamano ci raccontava molti anni fa, di quando a Okinawa c'erano le truppe americane: all'uscita dal dojo, dopo un allenamento, c'era l'abitudine di festeggiare con una bevuta. Una sera, nel percorrere le strade di Okinawa, il maestro Seikichi Toguchi e il maestro Toshio Tamano, che portava sotto il braccio una bottiglia di sakè, incontrarono una pattuglia di soldati americani un po' ubriachi, i quali vedendo la bottiglia pretesero che gli fosse consegnata. Il maestro Tamano, però, si rifiutava di dargliela, anche perché in cuor suo voleva mettere alla prova il suo maestro, ma poiché gli americani insistevano, il maestro posò a terra la bottiglia e si mise in posizione di combattimento. Fu a quel punto che il suo maestro, Seikichi Toguchi, balzò in avanti, si mise tra i soldati e il suo allievo e, con un atteggiamento del tutto inaspettato anche per Tamano, cominciò a stringere le loro mani sorridendo, chiedendo loro come stessero e riuscendo così a risolvere una circostanza difficile.
Più tardi il maestro Toguchi spiegò al suo allievo che il karate non è fatto solo di calci e pugni e che in quella situazione avrebbe potuto avere la meglio su uno o più soldati, ma gli altri erano armati di mitra e avrebbero potuto ucciderlo.
Da questa breve storia si può capire che un vero maestro insegna sì a diventare dei temibili combattenti, ma anche che a volte si può "vincere senza combattere" fisicamente e che se non si hanno uno spirito pacifico e una mente quieta non si può risolvere nella maniera più giusta il problema o la situazione di fronte a cui ci si trova.
Uno spirito pacifico porta dunque anch'esso a un equilibrio di tipo interiore, che va automaticamente a ripercuotersi su quello esteriore. Si tratta di uno studio e di una pratica dell'arte marziale supportati da una teoria tramandata da generazioni di maestri, fino ad arrivare a noi tramite il maestro Toshio Tamano.
La scuola shorei kan offre a qualunque allievo, che inizi a praticare solo Daruma taiso o anche karate e kobudo, di scegliere se allenare solo la parte fisica o proseguire poi con quella mentale, arrivando al “culmine della piramide” che è l'aspetto interiore. La scelta è solo ed esclusivamente dell'allievo, senza obbligo alcuno. Personalmente posso dire che dopo venti anni di pratica assieme al maestro Tamano, ogni sua lezione non è mai uguale alla precedente, e che in questo modo egli ci porta lentamente, attraverso l'allenamento, a un progresso tecnico, mentale e interiore non indifferente.